Quintetto G451: Allegro

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Quintetto G448: Fandango

 

 

 

 

Boccherini, musicista europeo

Luigi Ridolfo Boccherini, nato a Lucca nel 1743, è uno fra i musicisti italiani più interessanti della seconda metà del Settecento.

Nell'epoca che vide la nascita e la morte del genio di Mozart e la lunga supremazia di Haydn come punto di riferimento del nascente Classicismo, Boccherini incarnava la tradizione italiana settecentesca, che vedeva il musicista come sintesi tra le figure del compositore e dello strumentista.

Fino al 1764 Boccherini operò soprattutto in Italia, allontanandosene tuttavia talvolta per recarsi a Vienna, dove venne temporaneamente assunto come violoncellista nell'orchestra di corte. E' in quell'anno che si verificarono i contatti con musicisti del calibro di Haydn e di Sammartini.

Nello stesso periodo diede vita al primo quartetto stabile della storia, il Quartetto Toscano, assieme con Giovanni G. Cambini e i violinisti Pietro Nardini e Filippo Manfredi. Con quest'ultimo si recherà a Parigi nel 1766, nell'intento di conseguire la fama che altri musicisti italiani avevano riscosso prima di lui. Data la tiepida accoglienza parigina, nel 1768 Boccherini accettò l'invito dell'ambasciatore spagnolo e si trasferì a Madrid, dove nel 1770 divenne "compositore e virtuoso di camera" al servizio dell'Infante di Spagna, Don Luis Antonio di Borbone, principe eclettico e poco avvezzo alla politica, tutto proiettato verso interessi artistici e musicali. Boccherini ricoprì questo incarico fino al 1785, anno della morte dell'Infante.

In questo momento, egli si trova a dover affrontare una situazione economica gravissima per il venir meno dello stipendio che l'Infante gli aveva versato fino ad allora. Come risulta dalle lettere, una pensione regia, accordatagli da Carlo III, viene inizialmente incontro alle difficoltà più immediate del compositore. Provvidenziale è l'intervento del re di Prussia, Federico Guglielmo II, il quale nel 1786 lo nomina "compositore della camera" offrendogli una pensione annua con l'obbligo di fornirgli periodicamente, in esclusiva, una serie di composizioni cameristiche.

Nello stesso anno passa sotto la protezione della casata madrilena dei conti-duchi Benavente-Ossuna che, con la famiglia del Duca D'Alba (che ebbe tra i suoi musicisti quel Gaetano Brunetti ritenuto all'epoca il rivale di Boccherini), rappresentava il mecenatismo nella capitale spagnola. I Benavente-Ossuna mettono a disposizione di Boccherini un'orchestra di sedici elementi per le loro serate musicali, nel corso delle quali sono eseguite le opere di maggior successo degli autori alla moda. Anche il poeta Ramon de la Cruz figura di fatto tra i dipendenti dei Benavente, e all'arrivo di Boccherini, tra i membri della famiglia, matura l'idea di incaricare il poeta e il musicista di scrivere una piccola opera da far eseguire nel teatrino di casa. Si tratta della zarzuela La Clementina, unico (e perciò particolarmente interessante) contributo a questo genere operistico tipicamente spagnolo del compositore toscano.

Con la caduta dell'Ancien Régime Boccherini perde l'aiuto di questi mecenati e interrompe anche il suo lavoro di direttore d'orchestra (1788). Si è ormai appurato, infatti, che il Marchese di Bénavent, dilettante di chitarra, a cui Boccherini dedicherà dieci anni più tardi due serie di sei quintetti con chitarra e una sinfonia con chitarra obbligata, non ha alcuna relazione con la famiglia madrilena. Successivamente Boccherini passerà al servizio dell'ambasciatore di Francia, Luciano Bonaparte, fino al 1802, per poi trascorrere gli ultimi tre anni prima della morte in indigenza, aiutato in piccola parte da una pensione del Re di Spagna e dagli sporadici diritti che gli corrisponde l'editore Pleyel.

Boccherini e la musica europea

Si è detto della continuità di Boccherini con la grande tradizione italiana del Settecento. Nello stesso tempo, Boccherini ha modo di mettersi in relazione con importanti musicisti; in particolare con Haydn mantenne un rapporto epistolare significativo, che testimonia il grado di stima di cui godeva nel mondo musicale europeo. Se per un periodo egli visse in una situazione di apparente isolamento - in tutto simile a quella che lo stesso Haydn conobbe presso gli Esterhazy - questa condizione non ostacolò i contatti con il suo editore viennese Artaria e di conseguenza la diffusione delle sue composizioni, il cui catalogo vastissimo comprende musica sacra (pensiamo al celebre Stabat Mater), vocale, sinfonica e cameristica.

Boccherini rappresenta, oltre che un musicista erede della tradizione barocca, un importante traite d'union tra tale tradizione e lo stile classico.

La permanenza in Spagna di Boccherini non gli impedì di ricoprire l'incarico di musicista da camera del sovrano prussiano Federico Guglielmo II e quindi di far conoscere la sua musica anche presso quell'importante centro musicale. Alla luce di queste considerazioni, la lettura che induce a guardare il suo stile influenzato dalla musica popolare iberica - di cui tracce sporadiche si osservano in poche composizioni come il Quintetto con chitarra G 448, il Quartetto op. 40 n.2, il Quintetto op. 30 n. 6 per archi - va ripensata all'interno dell'ampio spettro della sua produzione. Certamente vincolato a un'idea di forma e di ensemble cameristico meno moderno di quello haydniano (Boccherini continuò a preferire, infatti, il quintetto rispetto al quartetto, che meglio si adattava alla ricerca di equilibrio richiesta nell’epoca classica), il musicista italiano pur interprete di un gusto legato al Rococò fu ugualmente attento alle evoluzioni preromantiche della musica di fine secolo. In definitiva, sia l'esotismo che l'isolamento sono chiavi interpretative insufficienti a un'attenta lettura del musicista e della sua opera. Al contrario egli appare, anche a partire dalla semplice osservazione del suo catalogo, un compositore perfettamente inscritto nella temperie musicale del tempo, caratterizzata da una lenta evoluzione stilistica e linguistica nonché da cambiamenti che influenzeranno non solo il modo di pensare ma anche di fare musica.

La chitarra di Boccherini

In una produzione così vasta e smisurata la presenza della chitarra rappresenta un caso singolare e circoscritto. Non si ha altro esempio di un compositore non chitarrista che si occupi della chitarra nello stesso periodo. Bisogna innanzi tutto premettere che il tipo di chitarra conosciuta da Boccherini non era in nulla simile a quella che conosciamo oggi. Le chitarre costruite nella seconda metà del secolo XVIII in Spagna sono chitarre a sei ordini di cori (corde doppie intonate all’unisono). Si tratta cioè di uno strumento ancora in evoluzione, che presenta caratteri assimilabili alla chitarra barocca e lontano comunque dal modello di chitarra "francese" (quella di Sor, per intenderci) a sei corde semplici che si affermerà all'inizio dell'Ottocento.

Se è vero che Boccherini si avvicina alla chitarra occasionalmente, è altrettanto vero che ciò avviene non senza motivazioni musicali. L'occasione, come si è detto, è rappresentata dalla relazione con il mecenate Marchese di Bénavent. Vi sono però altre ragioni che spingono Boccherini a considerare questo strumento nelle sue composizioni. La chitarra al tempo cominciava, infatti, a diventare sempre più conosciuta in Spagna. Prova ne è la pubblicazione di diversi trattati, tra cui quello pubblicato a Cadiz nel 1773 da Juan Antonio de Vargas y Guzman Explicaciòn de la Guitarra, ampiamente annunciato dai periodici, e il famoso Principios para tocar la guitarra de seis ordenes di Federico Moretti, tenuto presente da Sor e Molino e dato alle stampe a Madrid nel 1799. L'impiego della chitarra, già avvenuto nel 1773 nell'organico di un "Ballet espagnol", implica il fatto che Boccherini avesse un'idea timbrica dello strumento, evidentemente maturata ascoltando dei chitarristi. E se da una parte i Quintetti con chitarra e la Sinfonia fanno riferimento a opere scritte in precedenza, dall'altra si nota come la scrittura chitarristica sia alquanto evoluta, soprattutto negli "a solo". Infine, a conferma di una curiosità del compositore lucchese verso la chitarra, va considerata la sua generale attenzione per le mescolanze timbriche inedite - si pensi ai Quintetti per oboe ed archi e contrabbasso e archi, all'epoca più che desueti.

I Quintetti con chitarra

I Quintetti con chitarra, originariamente dodici, rappresentano una minima parte della sua produzione cameristica. Essi scaturiscono dalla relazione con il mecenate Marchese di Bénavent, nobile catalano che era un appassionato cultore della chitarra. Di sei di questi quintetti Boccherini dà conto al suo editore del momento, Ignace Pleyel, proponendoli per la pubblicazione in una lettera datata 27 dicembre 1798. Non sappiamo tuttavia a quali dei quintetti rimasti Boccherini si riferisse in questa lettera. Attraverso una complessa vicenda, questi manoscritti sono stati tramandati in qualche modo fortuitamente passando per le mani di François de Fossa e successivamente del primo biografo boccheriniano, Louis Picquot. Dalla corrispondenza di questi due personaggi si scopre che Fossa ebbe la possibilità di copiare da un suo superiore nel 1811 sette quintetti e le variazioni su "La Ritirata di Madrid". Questi manoscritti riappaiono nel 1904 nelle mani di Leo Liepmannsohn a Berlino, che li mise in vendita. Parte di essi fu acquisita nel 1922 dalla Library of Congress, dove tuttora si trovano, e corrispondono ai numeri 445-450 del catalogo di Gerard e sono quelli utilizzati da Ruggero Chiesa per la sua edizione moderna edita dalla Suvini-Zerboni.

Altri tre quintetti e le Variazioni su "La Ritirata di Madrid" furono utilizzati da Heinrich Albert per l'edizione Zimmermann. Di questi tre, uno è identico al G 448 (il quintetto con il Fandango), mentre il Quintetto in do maggiore catalogato da Gerard come G 453 risulta probabilmente dall'accorpamento del Quintetto per fortepiano e archi op. 56 n.3 e delle Variazioni su La Ritirata di Madrid. Anche l’altro Quintetto (G451) coincide con uno di quelli scritti per fortepiano, il primo dell'op. 56.

Resta aperta la questione inerente all'originalità dei quintetti. Dei sei quintetti G445/G450 esistono altre versioni strumentali. Infatti, come era consuetudine all'epoca, molta musica veniva rielaborata o riutilizzata trascrivendola per altri organici. In particolare, si trova un'avvertenza nel manoscritto non autografo di Washington dal quale si deduce che un editore francese aveva preso l'iniziativa di pubblicare postume alcune opere di Boccherini, tra cui dodici quintetti per due violini, due viole e violoncello, dopo aver incaricato un musicista di nome Garnault della trascrizione dell'originaria parte per chitarra obbligata in seconda viola per almeno sei di essi.

E' il caso de "La Ritirata di Madrid", già presente come ultimo movimento nel Quintetto in do maggiore intitolato "La Musica Notturna nelle strade di Madrid" op. 30 n.6, G324, e della Sinfonia a grande orchestra con chitarra, dedicata anch'essa al Marchese di Bénavent, in cui il compositore toscano utilizza materiale del "Concerto Grande a piú stromenti obligati" composto nel 1769 e del Quintetto op. 10 n.4.

D'altro canto, si può supporre che rispetto alle opere per chitarra siano antecedenti almeno i Quintetti op. 56 per fortepiano. Essi, infatti, nacquero dalla collaborazione tra Boccherini e l'editore Pleyel, a sua volta pianista e compositore, iniziata nel 1796 e quindi antecedente alla comparsa del Marchese di Bénavent come finanziatore di Boccherini (questa cronologia è deducibile dalla compilazione del catalogo pubblicata da Aldo Pais).

I due quintetti proposti rappresentano due versanti significativi dello stile boccheriniano. Abbiamo detto in precedenza delle suggestioni popolari nella musica di Boccherini e nel Quintetto G448 ritroviamo come ultimo e principale movimento quel "Fandango" da suonare "alla maniera di Padre Basilio" che il compositore lucchese aveva già utilizzato, almeno come forma. Lo stesso Quintetto si inaugura con una "Pastorale" che si sposa perfettamente con la tonalità di re maggiore e che crea un forte contrasto con il clima acceso e impetuoso della danza popolare utilizzata come conclusione.

Le pagine meno famose del Quintetto in mi minore G451 non devono far pensare a una inferiore qualità della musica. Al contrario, quest’opera rappresenta un mirabile esempio di scrittura cameristica in cui lo strumento solista — lo vediamo anche nella versione per fortepiano — intreccia un dialogo con gli archi facendo da collante ai vari elementi tematici. Si tratta di una forma antecedente alla Forma-Sonata del classicismo tedesco, in cui l’elemento tematico è elaborato con una maggiore attenzione alla microstruttura, in una tradizione assimilabile a quella del tardo-barocca italiana. Il Quintetto è composto da quattro movimenti, secondo la scansione classica, con un Minuetto e un Rondò finali, forma in cui Boccherini esprime la sua più felice vena poetica.